NON BASTA FARE, DEVI MIGLIORARE
E’ stata Cortina la città che ci ha visti per la prima volta insieme. Mi ci ero trovata con il mio amatissimo Andrea Princivalli, per inseguire uno di quei nostri sogni impossibili, ma che a volte capitava si avverassero e quindi, anche quella volta, lo avevamo perseguito con tenacia, in corriera fin là. William invece era lì per noi, venuto dalla sua pausa estiva in Trentino per reclutare sognatori come lui. Erano i primi di agosto e a Cortina ci aveva invitato, per farle visita, Almerina Buzzati, proprio lei, la compagna di Dino. Eravamo stati suoi ospiti nella casa di Milano qualche mese prima e ci eravamo piaciuti. Le avevamo portato in dono alcune pubblicazioni sull’artista Alberto Martini e un articolo di suo marito in cui spiegava come fosse stato ispirato proprio dall’artista opitergino per realizzare alcune sue opere grafiche su E.A.Poe. Dopo aver visto la straordinaria mostra dedicata a Buzzati-artista, presso la Rotonda della Besana, eravamo invasati dall’idea di un’esposizione a Oderzo in cui far dialogare le opere di Martini e Buzzati, nella cornice di Palazzo Foscolo. Per quello eravamo a Cortina e Almerina ci concedeva la sua simpatia. William Salice venne dopo, nel senso che era sicuramente secondario rispetto all’incontro con quella donna che aveva nella sua lunga treccia il tratto distintivo di un compiaciuto anticonformismo. Ci facemmo accompagnare proprio da lei all’appuntamento con il superdirettoreinpensionedellaKinder, una parentesi di pseudo lavoro per Andrea, prima di rivederla in serata. Li presentammo e per un attimo fu come se Andrea ed io non ci fossimo più, rimanemmo come due marmocchi che attendono intimiditi l’attenzione di chi li sovrasta per età e caratura.
Dopo che lei si fu congedata, il tavolino del locale dove ci incontrammo si trasformò in poco tempo in un laboratorio di idee, appunti e di futuribile. William e Andrea cominciarono a confrontarsi su un logo e un progetto che li vedeva accomunati da entusiasmo, curiosità e piacere creativo, mentre io assistevo disorientata a quella intraprendenza montante. A un certo punto, quell’escalation auto-generativa si soffermò sulla parola SCUOLA. Prima lo sguardo di Andrea, poi quello di William, su di me. Non avevo scampo. Ero io la porta che li avrebbe condotti nel mondo della scuola, la conoscevo quel tanto che bastava per guidare il progetto fin dentro le mura. William incominciò a interrogarmi avido di sapere come fosse la scuola dei miei tempi, chi ne erano i protagonisti, quale ne fosse l’architettura burocratica; voleva capire come avrebbe potuto entrarci per offrire il suo contributo alla formazione delle nuove generazioni. Voleva restituire, lui che aveva così tanto avuto dalla sua esperienza lavorativa. Pensai che tra i tanti sogni che avevo, c’era posto anche per quello di William. Così il resto dell’estate la trascorsi a scrivere i primi bandi di concorso per ColorYourLife. William ed io eravamo la nuova coppia, ci sentivamo quotidianamente, Andrea ci stava dietro creando per ogni testo un’illustrazione, un decoro o un video. William era esigente, tutto doveva essere chiaro, esauriente e diverso da quello che fino ad allora si era visto, letto o pubblicato. E quando pensavo di essere arrivata alla fine, mi sorprendeva con un <<Tutto da rifare, ho avuto un’altra idea>>. Ne ero affascinata e contrastata. Lo inseguivo nei suoi meandri visionari, da filantropo d’altri tempi, come in una sfida volta a coglierne l’ondivaga idealità e a cristallizzarla in un apice condivisibile e concreto.
Anche la seconda estate ce la passammo a scrivere bandi e a formulare idee, e quando le email non bastavano a far chiarezza, allora era negli alberghi, dove ci ospitava, che si faceva del cerchio una quadra. Poi la squadra di William andò via via affollandosi di figure professionali e il progetto prese il largo. Ogni tanto mi chiamava per affetto e per avere un parere sulla rotta intrapresa, e mi piaceva di tanto in tanto restituirgli un feedback per alzare l’asticella, come ci aveva insegnato lui. Fu questo il caso dell’iniziativa Prof 10 e lode e quella del weekend per i docenti. Gli avevo spiegato che nessuno gratifica gli insegnanti bravi, quelli che ci mettono la passione e guardano prima alla persona che allo studente. Lui mi aveva capito subito e trovato la formula per porvi rimedio, o almeno per far sentire a quei docenti la sua gratitudine: un riconoscimento ai prof dei ragazzi selezionati e una gita in una qualche città d’arte per i docenti che volevano saperne di più del progetto. Pavia, Siena, Verona, Torino tra le città che ricordo aveva regalato loro, come un momento per celebrarne la professionalità. Non mancavano mai alla fine di ogni iniziativa gli omaggi agli ospiti, pensati per valorizzare e promuovere a loro volta l’artigianato italiano o iniziative sociali: dal vetro di Murano alle borse in stoffa Made in Carcere, realizzate dalle detenute della cooperativa Officina Creativa. Le sue idee tendevano ad organizzarsi secondo una dimensione circolare nei modi e nei fini: formazione degli studenti, motivazione dei docenti, valorizzazione dei professionisti e delle professioni, promozione di talenti, avviamento ai campi d’interesse, restituzione alle new entry.
In compagnia di Briciola, la barboncina bianca che gli restituiva con affetto il ricordo dell’amata moglie, aveva macinato chilometri in lungo e in largo per la penisola, pur di riuscire ad estendere il suo progetto a quanti più studenti fosse possibile. Diceva che non c’era tempo da perdere e che dietro ad ogni angolo di scuola si trovava un qualche Pierino a cui non era stata data l’occasione di esprimere il proprio talento, che non aveva avuto la meritata attenzione. Non cercava i primi della classe, ma gli incompresi che non mollavano di cercare qualcuno che desse loro un’occasione per far brillare quel loro piccolo talento nascosto e ancora non conformato. Per lui, quella era la prima missione, il resto erano effetti collaterali ad alta positività, come il ritrovarsi oggi a ricordarlo tutti insieme, ciascuno con la parte di valore aggiunto che dobbiamo a William.
Anna Alemanno