La testimonianza di Pasquale Mancuso

In ricordo di William Salice 

“Un’aula multimediale strutturalmente retrò, ma con un’anima da teatro di provincia; un nuvolo di studenti rumorosi  ed elettrizzati, ma con un’anima positiva e propositiva; un corposo odore di carta e poliestere, ma con un’anima fruttata (data dai parfums pour homme et pour femme, che delicatamente evaporavano dal collo e dai polsi degli  invitati di mezz’età).

Nuvole bianche, come batuffoli di cotone, adornavano un caldo cielo di maggio. I ruggenti raggi del sole, infiltrandosi  dagli infissi, si riflettevano sul quadrante dell’orologio d’un William Salice riflessivo. Attivo nella ricerca dei volti  vincitori tra quelli della folla, lasciava tradire nei suoi sorrisi un’altruistica eccitazione: chi avrebbe mai immaginato che  dietro a quella dolcezza, che pure lo caratterizzava, si potessero nascondere una franca disillusione ed un comico  cinismo…

Bastarono pochi colpetti sul microfono, qualche sguardo suggestivo e la gestualità da parte dei professori, per rendere  l’atmosfera meno caotica e più intima, famigliare: fu l’inizio della premiazione del concorso indetto da Color Your Life.

Un sacco di impegni, pensieri riguardo al percorso universitario, ambizioni, varie preoccupazioni, tempesta in ambito  sentimentale … e poi ancora, molta ispirazione poetica, i tentativi di scrittura creativa, i preparativi per il mio  diciottesimo, l’acquisto della mia prima scatola di profilattici ed un mare di sorprese (tra queste l’aver vinto quel  concorso): così mi piace ricordare la prima metà del 2014.

La prof Castelli si sistemò gli occhiali sul naso (quanto erano simili a quelli di Craxi!), come era solita fare nelle  spiegazioni durante le ore di lezione, e poi, approfittando d’uno dei rari momenti di assenza di brusio, cominciò  spendendo alcune parole sulla fondazione ed i suoi valori; dopo pochi minuti introdusse il concorso e fece una piccola  pausa prima di elencarne i vincitori…

Il cuore mi batteva forte… l’emozione era grande. Sapevo di essere uno dei vincitori, la notizia ufficiale era arrivata  qualche giorno prima: William, attraverso il racconto che avevo messo al bando, aveva letto dentro di me.

Non mi chiamarono per primo (a onore del vero, credo mi abbiano chiamato per ultimo) e l’attesa un po’ mi pesava.

Ciò che accadde quando mi chiamarono per andare a ritirare il certificato, ad oggi, rimane ancora un mistero per  chiunque fosse presente a quell’evento: ci fu un boato fortissimo e molti ragazzi si alzarono in piedi urlando…fu così  intenso e strano che tutti i genitori, i professori, la Crotti e William rimasero per un attimo straniti. Io, dal canto mio,  non aspettandomi nulla di più rispetto al trattamento riservato per gli altri vincitori (consapevole, inoltre, della mia  impopolarità ai tempi del liceo), rischiai di inciampare e cadere, imbarazzato, dalla scalinata che divideva ‘gli spalti’ dalla cattedra. Ancora non sapevo che tutto ciò mi avrebbe concesso di conoscere la vera attitudine di William, la  quale, nel momento in cui gli strinsi la mano, venne condensata in poche parole: – Li hai pagati per questo applauso? -.  Il ricordo è indelebile nella mia mente. Io, per quanto spaesato, riuscii a rispondere qualcosa di simile a: – Non ho  pagato nessuno, penso sia spontaneo -. Poi la cerimonia proseguì per qualche minuto e si concluse a fine mattinata…

Il massiccio portone antico, il giardino interno, il colonnato e le camere anguste non erano le uniche caratteristiche  medievali del campus; anche la filosofia con cui io e gli altri Color (Valentina, Carlotta, Stefano, Veronica, Feliciana,  sono solo alcuni dei loro nomi) avremmo dovuto affrontare i dieci giorni di permanenza, infatti, sembrava assomigliare  a quella dell’ars vivendi monastica: ora et labora. D’altronde William sapeva essere un leader magnifico ed aveva  ideato un percorso che avrebbe insegnato ai Color come, attraverso ferrea disciplina e costante applicazione,  qualunque traguardo poteva essere conquistato. Bastone e carota… anche se, in effetti, sarebbe molto più  appropriato parlare di ‘fatica e nutella ad libitum’. Nonostante l’immensa mole di lavoro, non era affatto male!

Poi il CONI: imparare, lavorare, alloggiare, fare colazione a pochi metri di distanza dai migliori atleti italiani mi  galvanizzava.

William ha sempre cercato di insegnare un’importante lezione di vita, quella che oggi so essere alla base della forma  mentis delle persone di successo: se insisti e persisti, raggiungi e conquisti… nulla di ciò che ha veramente valore nella  vita si ottiene facilmente.

Senza contare l’importanza che ha sempre dato al team building: dopo dieci giorni di lavoro intenso, tra Color ci si  considerava fratelli e sorelle…

Fratelli… Già… l’anno successivo William avrebbe conosciuto anche mio fratello. Era l’estate del 2015, da  neodiplomato accompagnai mio fratello al Color Campus e, mentre i giovani Color si conoscevano, io e William  scambiammo due chiacchiere. Ad un certo punto, ricordo che tutti i Color si raggrupparono spontaneamente intorno  ad un ragazzo seduto al centro del cortile interno; improvvisamente, William mi chiese: – Come si chiama quel ragazzo  seduto laggiù? – ed io, orgogliosamente, gli risposi che era mio fratello Francesco, un ragazzo molto socievole, capace,  sin dalla culla, di grande empatia nei confronti degli altri. Lo paragonai al cemento che tiene insieme ai mattoni…  quanto gli piacque quella metafora! Così William mi chiese di scrivere un articolo sul fatto che sia io che Francesco  avevamo avuto la fortuna di partecipare alla stessa magnifica esperienza: lo intitolai ‘fratelli e fratellanza al Color  Campus’.

Pronunciava il mio nome in un modo così buffo… ricordo l’ultima volta che ci parlai: stavo facendo del bricolage a casa  mia quando, rispondendo al telefono, sentii la sua voce nasale che con tono profondo mi diceva: – Ciao Pasquale! – . Quella voce era davvero…”

-Pasqui! Stai bene? Hai lo sguardo perso nel vuoto da quasi un quarto d’ora… –

– Si Fra! Tutto bene… scusami. Ero in preda ai ricordi… –

– Ti capisco… Comunque il prete si è fermato un attimo, potrebbe essere il momento giusto…che ne dici? Andiamo? – – Ma la predica non è ancora finita…-

– Pasqui! Dopo porteranno la bara al cimitero…non ci sarebbe più occasione…-

– Hai ragione! Passami la mia maglietta… le avevamo già firmate a casa giusto? –

– Sisi! –

– Allora facciamolo… Appoggiamo le nostre magliette sulla sua bara, così una parte di noi sarà sempre con lui, così  come una parte di lui sarà sempre con noi…-

Tesista in cardiochirurgia pediatrica all’OIRM di Torino da circa un anno, 

Poeta e scrittore nel tempo libero, 

Color per tutta la vita. 

Pasquale Mancuso